L'impatto di un oggetto
proveniente dallo spazio esterno su una superficie planetaria, evento che porta alla
formazione di un cratere, è solitamente un fenomeno estremamente rapido e si svolge
completamente in tempi che vanno da frazioni di secondo a pochi minuti. Nella necessità
di dover descrivere il meglio possibile un fenomeno dal decorso talmente veloce, si è
soliti ricorrere ad un artificio, una sorta di scomposizione degli eventi fatta a
tavolino, identificando e separando nella genesi del cratere dimpatto varie fasi.
Deve comunque essere chiaro che tale convenzione (perché di una convenzione si tratta) è
esclusivamente dettata dallesigenza di approfondire i fenomeni fisici coinvolti nel
fenomeno con lintento di giungere, in tal modo, ad una migliore visione
dinsieme.
I vari momenti indicati, infatti, più che una sequenza temporale rigorosa, dovranno
essere considerati fenomeni fisici che si sovrappongono e si influenzano vicendevolmente
durante il breve lasso di tempo occupato dallintero evento e, conseguentemente, la
separazione tra una fase e la successiva non può essere stabilita in modo netto.
Per usare una analogia cinematografica, non si sta esaminando il verificarsi
dellevento usando una moviola con dei fermo-immagine, ma si analizzano spezzoni di
una stessa scena, diverse inquadrature, flash istantanei su quanto si sta verificando (o
si è già verificato).
Fatte queste indispensabili precisazioni, esaminiamo da vicino le quattro fasi
dellevento che, di solito, vengono indicate come le più rappresentative, vale a
dire: compressione, escavazione, espulsione dei materiali e
modificazione finale della struttura.
Compressione
Durante la prima fase il meteorite colpisce la
superficie planetaria e si innesca un sistema di onde durto che trasferiscono
energia cinetica (è infatti questa lorigine del contenuto energetico associato ad
ogni evento impattivo) non solo dal proiettile al bersaglio, ma anche allinterno
dello stesso corpo impattante.
La pressione che si viene a generare nel momento dellimpatto è elevatissima: si
calcola, infatti, che nella formazione di un tipico cratere di 10 km a seguito di un urto
con un oggetto dotato di velocità entro valori standard (dellordine, cioè, di 15
km/sec) si possono raggiungere picchi di 5000-10000 kbar (500-1000 Gpa).
Questo significa che diventa molto più di una ragionevole ipotesi il pensare al violento
sgretolarsi del meteorite (una vera e propria esplosione) e la quasi istantanea sua
vaporizzazione, destino che necessariamente deve coinvolgere parte del materiale
superficiale planetario presente nella zona dellimpatto (figura A).
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Loggetto proveniente dallo spazio è
riuscito ad eludere la protezione offerta dallatmosfera e sta per concludere il suo
viaggio sulla superficie.
Lindicazione della traccia delloggetto (1) vuole schematizzare i possibili
effetti luminosi e sonori associati allavvicinamento e collegati al meccanismo di
ablazione.
E possibile, inoltre, la presenza di una prima onda durto (2) dovuta alla
violenta compressione dellaria che il corpo incontra nella sua discesa.
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Escavazione
Le onde durto generate dallevento
si propagano nel terreno (la loro velocità iniziale è di circa 10 km/sec) e questa
compressione (associata allespulsione di materiali dal luogo dellimpatto)
origina la cosiddetta "cavità transiente", lenorme voragine iniziale
destinata, in seguito, a trasformarsi nel cratere vero e proprio (figura B).
Il cratere, pertanto, (tranne nel caso di cadute meteoritiche caratterizzate da un più
basso livello energetico) non è mai identificabile come un fenomeno di scavo meccanico
originato da un oggetto solido (il meteorite) che, per così dire, si apre la strada
allinterno di un altro oggetto (la superficie planetaria), cercando di mantenere la
direzione originaria del suo moto; si tratta, invece, del trasformarsi istantaneo in una
regione limitatissima di enormi quantitativi di energia cinetica in energia meccanica e
termica.
Dal punto di vista fisico levento è paragonabile a ciò che si verifica nel caso
dellesplosione di una bomba: le differenze risiedono fondamentalmente nel quantitativo
di energia coinvolta (fatto già più volte ribadito e che viene ulteriormente
approfondito nellAppendice 2) e nel tipo di energia
iniziale, cinetica quella del meteorite, chimica quella del TNT (o altro esplosivo) che
origina lo scoppio. Una fondamentale conseguenza suggerita direttamente da tale paragone
è che, nel caso di un impatto astronomico come quelli che stiamo considerando, diventano
completamente irrilevanti sia la forma dellimpattore che la direzione di provenienza
del suo moto ed il risultato che si ottiene è in ogni caso un cratere circolare (che è
quanto si può comunemente osservare).
Unica eccezione potrebbe essere costituita da un impatto radente, un impatto cioè con un
angolo di non più di qualche grado rispetto allorizzonte, situazione che potrebbe
originare un cratere ellittico (o anche una serie di crateri allineati a causa della
disgregazione del proiettile in più oggetti distinti) dal momento che lenergia non
verrebbe più liberata in un unico punto, ma piuttosto lungo una linea.
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Il proiettile è ormai esploso a causa
dellelevata pressione originando una potentissima onda durto (1) che spazza la
zona circostante limpatto.
Londa durto si propaga anche nel terreno (3) ed inizia la creazione della
cavità transiente con fenomeni di fusione e vaporizzazione delle rocce presenti nel luogo
dellimpatto (2).
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Espulsione dei materiali
Inizialmente lespulsione dei materiali
avviene a velocità molto elevate (anche qualche km/sec), ma poi si attenua
stabilizzandosi su valori dellordine di 100 m/sec.
I materiali (ejecta) vengono scagliati verso lalto e verso lesterno ricoprendo
in tal modo una vasta area circostante il luogo dellimpatto e vanno a formare le
caratteristiche raggiere tipiche di alcuni crateri lunari (si pensi, ad esempio, a quelle
evidentissime nel caso del cratere Tycho), ma che sulla Terra verranno ben presto
mascherate dallopera erosiva dei fenomeni atmosferici e molto spesso completamente
cancellate, assieme a tutta la struttura craterica, dallazione distruttiva dei
fenomeni geologici (figura C).
La forma delle raggiere originate dalla ricaduta degli ejecta ha la sua importanza poiché
ci può fornire preziose informazioni sul tipo di terreno presente nella zona
dellimpatto.
Se si esamina, ad esempio, la morfologia degli ejecta dei crateri lunari e la si confronta
con quella dei crateri sulla superficie di Marte, si può vedere come nel secondo caso la
coltre originatasi dai materiali espulsi al momento dellimpatto abbia un
caratteristico profilo multilobato, e proprio questa particolare disposizione ci porta a
suggerire la presenza di sostanze liquide sul luogo dimpatto.
Linterpretazione corrente di queste strutture, infatti, considerando lazione
di escavazione e di brusco riscaldamento nel momento dellimpatto e la forte presenza
di acqua incorporata nel terreno marziano (permafrost), suggerisce che, anziché il
descritto meccanismo di espulsione su traiettorie balistiche, si inneschi un movimento dei
materiali quasi a ondate, che obbligano gli ejecta a mantenersi radenti al terreno, quasi
si trattasse di una esondazione.
La superficie del nostro satellite, invece, è completamente priva di quella componente
liquida e dunque la formazione del caratteristico manto costituito dai materiali espulsi
presenta un aspetto più polveroso, con i materiali (più chiari) provenienti dal
sottosuolo che si distribuiscono (talvolta secondo direzioni privilegiate)
allintorno del cratere ricoprendo la superficie originaria di colore più scuro
(perché da lunghissimo tempo esposta allazione arrossante dei raggi cosmici).
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Prosegue il meccanismo di escavazione della
cavità transiente ed una grande quantità di materiale (ejecta) viene lanciata lontano
dalla zona dellimpatto (1)
I blocchi più grandi potranno, ricadendo al suolo, originare a loro volta crateri
secondari.
Prosegue ancora anche lazione dellonda durto nel terreno (2) innescando
fenomeni di modificazione strutturale delle rocce (shock metamorphism). |
Modificazione
La fase di modificazione della struttura craterica
iniziale creatasi a seguito dellimpatto (cavità transiente) può essere vista in
una duplice prospettiva: se da un lato, infatti, si possono considerare i fenomeni
immediatamente successivi allevento e ad esso direttamente correlati,
dallaltro, però, non si devono trascurare altri processi che, sebbene non
direttamente innescati dallimpatto e caratterizzati da tempi di azione non
altrettanto rapidi, sono cause di mutamenti non meno importanti per lintera
struttura (figura D).
Il più importante tra i processi direttamente innescati dallevento impattivo e che
si manifestano negli istanti immediatamente seguenti al suo verificarsi è
lassestamento isostatico della struttura.
E evidente, infatti, che non appena diminuisce lazione di compressione sulle
rocce sottostanti la zona della caduta queste tendono a ritornare nella posizione iniziale
(un vero e proprio rimbalzo elastico) riducendo in parte la profondità della cavità
transiente; tale fenomeno, nel caso di impatti di grosse dimensioni, può sfociare nella
formazione di una struttura centrale (central peak) oppure in una struttura più complessa
ad anelli concentrici sopraelevati (bacino multi-ring).
Non è automatico, infatti, che i crateri da impatto abbiano la caratteristica forma
"a scodella" come quella del Meteor Crater in Arizona e non è detto che le
strutture più complesse siano riscontrabili unicamente sulla Luna o sugli altri pianeti.
Anche sulla Terra esistono crateri da impatto caratterizzati da un picco centrale e
strutture multi-ring, anche se queste ultime sono certamente di più difficile
"lettura" rispetto a quelle, evidentissime, riscontrabili sul nostro satellite,
ma delle possibili tipologie di crateri e delle loro caratteristiche salienti avremo modo
di parlarne più avanti.
Tornando ad occuparci della modificazione di un cratere dobbiamo ricordare anche
linevitabile ricaduta degli ejecta nella zona stessa dellimpatto, contribuendo
ulteriormente a ridurre la profondità della struttura. Il miscuglio di rocce risultante
dalla condensazione del materiale fuso e parzialmente vaporizzato lanciato in atmosfera al
momento dellurto e poi ricaduto viene solitamente indicato con il termine di
suevite.
A questo punto si potrebbe pensare che la morfologia della struttura possa considerarsi
ormai definitiva e duratura, invece bisogna cominciare a fare i conti con modificazioni a
più lungo respiro quali sono i mutamenti indotti dai fenomeni atmosferici
(venti, precipitazioni, azione dei corsi dacqua, movimento dei ghiacci,
) e da
quelli geologici (bradisismi, terremoti, fenomeni di orogenesi,
manifestazioni vulcaniche,
).
E chiaro che le modificazioni di questo tipo possono riguardare solamente la Terra
ed i corpi celesti ancora geologicamente attivi (un esempio in tal senso può essere
Europa, satellite di Giove) oppure dotati di una atmosfera (ad esempio Venere), mentre non
sono evidentemente presenti sul nostro satellite o sugli asteroidi.
Giorno dopo giorno, anche se sarebbe indubbiamente più corretto (ma meno poetico) dire
"milione di anni dopo milione di anni", la lenta azione di livellamento degli
agenti atmosferici e lo sconvolgimento superficiale caratteristico dei fenomeni geologici
porta inevitabilmente alla cancellazione di queste ciclopiche cicatrici lasciate dagli
impatti e questo lo si può notare in modo molto semplice ed immediato confrontando una
fotografia della Terra ed una della Luna, anche se, ad essere rigorosi, un tale confronto
potrebbe reggere limitandoci a considerare della Terra solamente le zone desertiche o
comunque libere da ogni forma di vegetazione che finirebbe col nasconderebbe ogni
struttura sottostante.
Ed a proposito della vegetazione è opportuno accennare che anchessa può
contribuire non solo a mascherare un sito dimpatto (e questo deve essere messo in
conto quando si cerca di rintracciare tali strutture sul nostro pianeta), ma anche a
mutarne la morfologia.
E pur vero, comunque, che anche sui corpi geologicamente morti e privi di atmosfera
è attivo un modo tutto particolare di eliminazione delle tracce di un impatto: poiché la
superficie di tali corpi conserva i crateri di tutti gli impatti avvenuti nel corso
dellintera storia geologica, si può giunge in talune regioni alla cosiddetta
saturazione di craterizzazione , il che significa che ogni nuovo cratere deve
necessariamente distruggere (parzialmente o completamente) una struttura preesistente.
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E ritornata la quiete sul luogo dellimpatto e la
voragine nel terreno è lunico e terribile promemoria di ciò che è appena
accaduto.
Il cratere (1) è già stato ricoperto dalla ricaduta di parte degli ejecta e dal
cedimento delle pareti (2) che, franando, concorrono a limitarne la profondità.
Non infrequente è la presenza di zone (3) in cui si è verificata una inversione degli
strati geologici. |
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